Domenica ho partecipato ad un evento straordinario: una verticale di annate storiche del Pedrinate della Cantina Cavallini di Cabbio in Val di Muggio: 20 anni per un vino che si è rivelato straordinariamente nobile, vero, autentico e di grande espressione del territorio. Pochi i partecipanti invitati, tutti assolutamente e inaspettatamente emozionati, sorpresi dalla longevità e dalla nobiltà di questo vino, che rappresenta la storia della famiglia Cavallini, di Luciano e Grazia e dei loro due figli, che hanno voluto condividere con noi le loro ultime bottiglie, anche quelle delle annate di Marta e Pietro.
Una piccola azienda famigliare: sono Luciano, Grazia e un giovane apprendista che divide il suo tempo frequentando l’istituto cantonale di Mezzana e recandosi quotidianamente con l’autopostale da Chiasso a Cabbio, in alta Val di Muggio. Naturalmente sono circondati da amici e clienti affezionati che partecipano numerosi alla vendemmia dei 3 ettari di vigna, ubicati a Pedrinate, Obino, Vacallo e Morbio, vigne dalle quali nascono ogni anno circa 15’000 bottiglie.
La famiglia di Luciano è originaria di Cabbio ed è qui che lui ha voluto vivere, lavorare e costruire la sua cantina, in alcuni vecchi edifici, oggi completamente ristrutturati e molto funzionali. Due sale di vinificazione, climatizzate, con i tini in acciaio, una stanza per lo stoccaggio delle bottiglie, che fa anche un po’ da ufficio e una stanza dove sono alloggiate le botti in legno nelle quali vengono affinati il Pedrinate e la Riserva Cavallini. La cantina viene alimentata con l’elettricità proveniente dall’impianto fotovoltaico sul tetto. In generale viene usata poca tecnologia in cantina. Viene utilizzato ancora un torchio verticale ottocentesco e le etichette sono incollate manualmente una per una. Si difendono sostenendo che se avessero attrezzature automatizzate e queste stesse avessero problemi, il tecnico non arriverebbe prima di due giorni a sistemare i macchinari.
Il Pedrinate nasce da un vigneto molto in pendenza, dove i lavori sono condotti tutti a mano, non si riesce ad entrare con mezzi agricoli e piccoli trattori. L’impianto risale al 1985, trentanni fa e la resa è molto bassa. Il vino è costituito dal 90% di uva Merlot e da un ulteriore 10% di uva Cabernet Sauvignon. Le uve sono raccolte e vinificate separatamente in acciaio inox. La prima fermentazione sulle bucce, con lieviti selezionati, ha comportato fino all’annata 2003 una macerazione prolungata di 15/18 giorni, tempo dimezzato dalla vendemmia 2004 fino alle ultime vendemmie. Con le attuali macerazioni più corte di 8/10 giorni, si lavora di rimontaggi e follature per consentire una buona e ottimale estrazione. Dopo la fermentazione malolattica, il vino viene travasato in botti di legno da 700 e 500 litri per almeno un anno. Il Pedrinate non è filtrato e spesso nella bottiglia, soprattutto dopo alcuni anni di permanenza, si possono trovare dei residui.
La degustazione, guidata dal bravo Savino Angioletti, è incominciata con le annate più lontane. Nei bicchieri ci sono state servite la 1995, la 1997 e la 1999. Poi la seconda serie ci ha fatto scoprire tre annate molto diverse tra loro: la 2001, la 2002 e la 2003, tre vendemmie completamente diverse. Infine le annate più vicine a noi, la 2009, la 2010 e la 2011. Durante l’aperitivo conclusivo abbiamo poi assaggiato anche l’annata attualmente in vendita, il 2013.
Il 1995 è l’anno in cui è nata Marta. Questa bottiglia era stata tenuta da parte per un momento importante e, tutti d’accordo, hanno pensato che il momento importante fosse arrivato proprio oggi, quando, in occasione del trentesimo anniversario dell’azienda, hanno deciso di mettersi in gioco per valutare, davanti ad un pubblico di amici, appassionati ed esperti, il lavoro di tutti questi anni. Una scommessa, ma soprattutto un’incognita, anche per loro stessi, perché non sono state tenute da parte tante bottiglie e non hanno potuto nel tempo valutarne l’evoluzione. Lo fanno oggi, con noi e con le ultime due bottiglie rimaste. Il vino si presenta nel bicchiere di un bel colore rosso granato abbastanza carico e con leggeri riflessi aranciati. Al naso, appena versato, si presenta un po’ chiuso, con sensazioni olfattive molto delicate: sensazioni floreali di viola e petali di viola essiccati insieme con sensazioni fruttate molto leggere di frutta matura e composta di frutta, ma soprattutto escono molte note minerali di gesso e pietra, e ancora note di sottobosco, foglie di alloro, radici, legno di cedro, muschio, tè nero, eucalipto, note di camomilla, ritorna la frutta scura, la sensazione della resina. C’è una nota di radice di liquirizia che troveremo anche in molte altre bottiglie che seguono. Note di buccia di arancia e leggeri agrumi. Sensazioni pulite, eleganti e al momento non sono note evolutive importanti. In bocca c’è molta freschezza, è sapido, caldo, morbido. I tannini ci sono, si sentono, ma sono arrotondati e dolci. C’è molta mineralità con un finale persistente di sapidità e dolcezza. Si sente molto l’espressione della terra e della radice. Un vino dal carattere molto minerale. Un inizio strepitoso che lascia tutti sorpresi, emozionati, silenziosi.
Segue il 1997 che ci viene servito da una bottiglia formato 3 litri. Al naso è subito più ampio, e leggermente più intenso con note di cuoio, terra, cassis, caffè, viola e ancora note minerali della pietra e del sasso, leggera tostatura, una nota raffinata di fienile e paglia. Prugne secche dolci, more, tè nero, pepe nero, china. I profumi sono netti e puliti. In bocca c’è un po’ più di durezza data da una forte freschezza e tanta sapidità. A momenti sembra persino salato. È anche caldo e morbido. Nel bicchiere il vino è in continua evoluzione, cambia, migliora, si apre … Sapidità fortissima! Le parti si amalgamano bene insieme. Finale elegante con un lieve accenno bordoleggiante. Piace molto, si beve con piacevolezza.
Anche il 1999 viene versato subito nel bicchiere. È il vino con cui Luciano ha ottenuto la sua prima medaglia. Viene servito in formato magnum. Qui le sensazioni olfattive sono ancora più piacevoli, più fresche, più dolci, di frutta e di ciliegia, ci sono le spezie. Meno evoluto delle altre due annate precedenti, in bocca segue lo stile austero, fine, elegante, pulito e piacevole degli altri. Molto minerale e sapido. Persistente e succoso. I tannini sembrano un po’ più asciutti e più secchi rispetto al ‘97. Molto ben fatto, sembra ora nel suo momento migliore.
Queste prime tre annate assaggiate si presentano in veste austera con poche sensazioni legate alla frutta e alla dolcezza. Sono vini delicati, forse un po’ timidi, ma praticamente quasi senza difetti. Molto più espressivi alla beva, che all’olfatto. Nessuno accenno amaro, nessuna nota vegetale sgradevole. Verso sera il ‘95 e il ‘97 cedono un po’, mentre il ‘99 si fa sempre più buono, intenso, acquista potenza, consistenza, slancio. Sul podio, senz’altro.
La seconda serie incomincia con l’annata 2001, che si presenta con note agrumate molto particolari, note di pino silvestre, un po’ di mentuccia, chiodo di garofano, cuoio, caffè, frutta dolce, erbette officinali, foglie di alloro, leggero peperone, paglia, ribes nero, tè nero, legno di cedro, cioccolato fondente. Naso fine ed elegante, intrigante, bontà che si trova anche alla beva. Questa bottiglia ha uno spessore e una profondità diversa e maggiore rispetto alle annate precedenti. Il tannino è preciso, morbido, sferico. Vino caldo che scalda. Si beve molto bene. Bottiglia di grande personalità. A fine serata, nel bicchiere, sarà il vino con maggiore espressione.
Passiamo al 2002, un’annata difficile, fredda e piovosa. Molti produttori hanno vendemmiato in anticipo approfittando dei pochi giorni asciutti di settembre e raccogliendo uve magre con pochi zuccheri. Altri produttori hanno invece rischiato e aspettato ottobre, dopo le lunghe piogge, infatti, si sono succeduti diversi giorni di caldo, sole e foehn autunnale che ha asciugato i grappoli, aumentando l’apporto zuccherino. Grazia Cavallini ricorda che proprio in quei giorni è nato Pietro, il loro secondo figlio, e la vendemmia è stata ritardata anche per questa ragione. Questa bottiglia, quella di Pietro, che assaggiamo questa sera si presenta con sensazioni olfattive sorprendenti. Note di cacao, caffè. liquirizia. C’è eleganza anche se meno intensità e meno importanza rispetto al 2001. In bocca è fresco, leggermente più corto rispetto all’annata di prima, ma sempre molto minerale e sapido, senza l’ombra di note verdi e vegetali e senza note amare, un carattere che spesso, invece, si trova nei vini della stessa annata di altri produttori. In questa bottiglia c’è finezza ed eleganza che davvero sorprende.
Dopo un’annata fredda e piovosa è seguita un’annata calda, molto molto calda. Anche nel 2003 molti produttori hanno purtroppo rovinato il vino non riuscendo a controllare la temperatura in vinificazione, che ha raggiunto velocemente alti livelli. Luciano è riuscito a lavorare climatizzando il locale vinificazione. Le uve raccolte erano molto ricche di zuccheri e superavano i 100° gradi Oechsle. L’annata 2003 esce dal disciplinare della DOC Ticino con menzione del Comune di produzione, risultando la percentuale di uva Merlot inferiore al 90% minima ammessa. Quell’anno la famiglia Cavallini mantiene la grafica dell’etichetta, ma cambia il nome. Il vino si chiama Quaranta. Aperto oggi il vino si presenta subito non molto pulito, con accenni di polvere cha vanno piano piano a scomparire. Escono allora sensazioni di dolcezza e di frutta matura. In bocca è caldo, con una nota alcolica iniziale evidente. È dolce, ricco, carnoso, sostenuto, solido. Manca un po’ di freschezza. A fine serata risulta sempre più equilibrato, buono, interessante, piacevole. Si beve piacevolmente.
Interessante il risultato di queste tre annate molto differenti tra loro per andamento climatico e meteorologico. In queste situazioni estreme quello che fa è la vigna, la vite, il terreno, il Cru! In situazioni di stress idrico, le viti vanno a cercare acqua e nutrimento in profondità. In queste condizioni estreme si vede come le annate difficili del Pedrinate ‘escono dal coro’ e si esprimono con grande eleganza e grande finezza anche nel tempo! Proprio questo sorprende: l’eleganza e la finezza, l’equilibrio e l’armonia anche nelle annate minori!
Seguono a questo punto altre tre annate della nuova serie, diciamo, quelle vinificate con un tempo di macerazione minore, per attenuare i tannini sempre così duri e presenti, e con maggiori rimontaggi e follature per cercare di estrarre comunque tanta sostanza. Si parte col 2009 che si apre a note floreali di viola, a note fruttate di ciliegia matura, uva spina, mirtillo, mora, note di spezie dolci. Molta dolcezza anche al gusto. Un vino succoso, sapido, minerale. Tannico. Caldo. Grande piacevolezza.
Anche il 2010 si presenta ricco di profumi di frutta matura, di ciliegia rossa, ma anche di note di terra, legno, radice, corteccia, fieno. Spezie dolci. In bocca è molto minerale, sapido con più succo, più calore, più intensità alla beva che all’olfatto. Il tannino è presente, morbido, con sensazioni dolci sul finale.
Il 2011, poi, rappresenta un’ulteriore svolta. Oltre alle botti da 700 litri, Luciano introduce alcune botti da 500 litri, più piccole. Rimane sempre un po’ lontano dalla barrique da 225 litri, che attualmente usa solo per la Riserva Cavallini. Il 2011 si presenta con maggiori note legate alla tostatura e al legno. Sembra quasi fare l’occhiolino ai vini più moderni e più ticinesi che troviamo sugli scaffali delle enoteche. Ma è solo una prima impressione che nasce dal confronto con gli otto vini fin qui assaggiati, dove il legno è davvero poco presente. Luciano non ‘copre’ il suo Pedrinate col legno, non lo nasconde dietro alle note abbondanti di vaniglia e cioccolato. Questo 2011 è succoso, ricco, intenso, e sempre molto fresco e minerale di sapidità e gusto. In grande equilibrio. È generoso di note delicate di cacao, cuoio, caffè, spezie dolci, ma non è un vino esagerato. Colpisce. Sulla scia e stile del 2011, con un’impronta più giovane, è l’annata 2013, attualmente in vendita, che assaggiamo in finale.
Tutti i vini assaggiati questa sera si esprimono molto bene con pulizia e franchezza. Nascono tutti da uve belle, sane e mature. Lo sentiamo anche nelle annate difficili. Al naso sono tutti fini, eleganti, emozionanti. Un filo conduttore può essere ricondotto alle note di radice di liquirizia all’olfatto e soprattutto alla grande espressione minerale al gusto. Un vino straordinario e nobile, che con questa degustazione si conferma di diritto nell’olimpo dei vini buoni del Canton Ticino, di quei vini che nascono da mani oramai esperte, capaci di allevare la vigna nel pieno rispetto della natura e capaci di gestire le annate e le vendemmie con sapienza e preoccupazione. Non a caso il Pedrinate è legato al marchio Vinatura e ha ottenuto il riconoscimento di vigneto ad alta biodiversità.
Raramente si riesce a partecipare a degustazioni così particolari, di vini prodotti da piccoli produttori, artigiani nel loro stile di eleganza e semplicità. Sono momenti da imprimere nella memoria. Raccontare questi momenti rappresenta per me il modo che conosco per ringraziare Grazia e Luciano Cavallini di avermi fatto partecipe di questa esperienza importante.
Prosit,
Vittoria Fagetti
(con la collaborazione di Anna Valli e Rodolfo Roncoroni)
20 marzo 2016