Finalmente, dopo alcuni mesi di attesa, ci siamo ritrovati per questa degustazione di GRANDI bollicine. Finalmente davvero. Avevamo messo da parte alcune annate di riserva Moretti già da tempo. Siamo riusciti a completare la collezione quest’estate. Le cinque annate più importanti di riserva Vittorio Moretti, le cinque annate centrali, finalmente tutte insieme nella nostra cantina. Cinque annate su sette prodotte!
Parlo al plurale, perchè è bello condividere, con gli amici appassionati, anche l’attesa. L’attesa di vedere queste cinque bottiglie in fila, una vicina all’altra e poi FINALMENTE stapparle, una per una, annusare i tappi, fragranti, buoni, invitanti … e poi versare, gentilmente, un po’ di questo liquido di vino nei calici … finalmente, mi ripeto.
Ma prima di entrare nel dettaglio della degustazione, che, vi anticipo, avrà risvolti inaspettati, vorrei raccontare qualcosa sia della FRANCIACORTA che, naturalmente, dell’azienda BELLAVISTA, che ho avuto occasione di visitare più volte.
Informazioni e dati sono elencati tutti in modo abbastanza schematico ed essenziale, uno stile che amo!
Negli anni ‘60 inizia, in Franciacorta, la vocazione per i vini prodotti seguendo il metodo della rifermentazione in bottiglia, dopo che Franco Ziliani, oggi Patron di casa Berlucchi, ha l’intuizione di proporlo come il vino di quel territorio. Viene bene, è buono, ha successo! Nel 1967 arriva la DOC Franciacorta. Nel 1990 nasce il Consorzio per la tutela dei vini di Franciacorta, con 29 produttori associati. Oggi i produttori sono circa 100. Fino al 1992 sulle etichette si poteva ancora leggere la dicitura ‘metodo champenois’. Il nome è stato poi giustamente rivendicato dai produttori di Champagne. Da quel momento si parla quindi di ‘metodo classico’, ma resta l’esigenza di trovare una propria identità. Nel 1995 arriva la DOCG Franciacorta. Nel 2003 arriva l’importante riconoscimento Europeo della denominazione FRANCIACORTA non solo come zona di produzione e come nome del vino, ma soprattutto come metodo di produzione. Dal 2003, quindi, in Europa, sono riconosciuti 3 metodi per produrre vini con la rifermentazione in bottiglia: lo CHAMPAGNE in Francia, il CAVA in Spagna, il FRANCIACORTA in Italia. La Franciacorta si estende su 55 Km2 di territorio, con 2400 ettari vitati. 100 produttori e 10 milioni di bottiglie prodotte all’anno.
Nel 1977 viene fondata l’azienda Bellavista da Vittorio Moretti, un imprenditore attivo nel settore dei prefabbricati e con la passione del vino. Moretti acquista la collina dove oggi sorge l’azienda e da quei primi 5 ettari incomincia la sua avventura. Nel 1981 Vittorio Moretti incontra Mattia Vezzola, giovane enologo, proveniente da Moniga sul Garda, dove ancora oggi possiede un’azienda vitivinicola familiare. Per i primi tre anni segue l’azienda come consulente e dal 1984 come dipendente. Oggi ne é il direttore. Nel corso degli anni è stato più volte premiato come ‘enologo dell’anno’. Nel 1981 Bellavista possedeva 5 ettari vitati. Oggi ne possiede 190, dislocati su 10 comuni della Franciacorta e riconducibili a 107 vigne curate una per una, e tutti situati entro i 10 km dall’azienda. I vigneti sono piantati su 68 tipi di paesaggi differenti, suoli differenti, altitudini differenti, terrazzamenti. Le rese sono comprese tra i 70 e gli 80 q.li x ha (la docg ne prevede al max 100 q.li). Ognuna delle 107 vigne viene vendemmiata e vinificata separatamente. Alcune vigne sono vendemmiate in 2 tempi. Ogni anno Bellavista esegue circa 120 vinificazioni separate. In cantina si possono vedere diversi tank in acciaio di diverse misure. Dalle più grandi a quelle molto piccole.
La spremitura é eseguita con le presse meccaniche, che lavorano in cicli di circa 5 ore per ottenere 5 spremiture lente e soffici. Bellavista usa solo il mosto delle prime tre spremiture. La quarta spremitura viene venduta sfusa. La quinta viene utilizzata per il brandy. Tra la fase di pigiatura e quella di vinificazione si opta per la decantazione per pulire il mosto e non per la filtrazione veloce: il mosto viene lasciato a decantare lentamente per 36 ore. Tutti i vini ottenuti dopo la vinificazione, sostano in cantina fino a marzo / aprile, in parte in tank di acciaio (60%) e in parte in barriques usate (40%). Per 6 mesi il vino che riposa in barriques subisce un processo di microossigenazione, ovvero microossidazione. Questo permette un minor utilizzo di SO2 e soprattutto permette di ottenere un vino più digeribile (si insiste molto su questo fattore in azienda). Nell’aprile successivo alla vendemmia, Mattia Vezzola decide gli assemblaggi che andranno a costituire le diverse cuvée.
Per quanto riguarda la sosta sui lieviti, Bellavista ha deciso di aumentare di un anno tutti i tempi previsti dal disciplinare. Quindi: 18 + 12 = 30 mesi per i non millesimati, 30 + 12 = 42 mesi per i millesimati, 24 + 12 = 36 mesi per il saten e il rosè, minimo 60 mesi per la riserva. Remuage: completamente manuale. 1’300’000 circa bottiglie prodotte all’anno. Età media delle vigne: 20 anni. La riserva Vittorio Moretti è l’unico Franciacorta che sosta sui lieviti con il tappo di sughero e non con il classico tappo a corona.
Vinificatori e contenitori in acciaio più piccoli per vinificare separatamente anche gli appezzamenti più piccoli
la barricaia
Le cuvée Bellavista sono il risultato di assemblaggi orizzontali e verticali di più di 90 selezioni provenienti dai 107 crus, che vengono distintamente vendemmiati e vinificati. E questo è soprattutto il segreto della complessità dei vini di Bellavista.
Cuvée Brut, prodotta dal 198, 80% Chardonnay e per il 20% Pinot Bianco e Pinot Nero, 30 selezioni, vini riserva di 6 a 9 vendemmie precedenti, sosta sui lieviti: 30 mesi (2 ½ anni) – disciplinare 18 mesi. Produzione annua: tra le 900 mila bottiglie e 1 milione.
Gran Cuvée Brut, nasce nel 1981. Assemblaggio: circa il 70% Chardonnay e il 30% Pinot Nero. Più del 35% del vino affina per 7 mesi in barriques, prima della presa di spuma. Sosta sui lieviti: 42 mesi (3 ½ anni) – disciplinare 30 mesi. Produzione annua: circa 150’000 bottiglie.
Gran Cuvée Pas Operé, nasce nel 1979, 62% Chardonnay e 38% Pinot Nero. Una parte del vino affina per alcuni mesi in barriques, prima della presa di spuma. Sosta sui lieviti: da 4 a 6 anni. Spessore e struttura sono le sue caratteristiche di classicità. Produzione annua: circa 20’000 bottiglie.
Gran Cuvée Rosé Brut, nasce nel 1979. Assemblaggio: 50% Chardonnay e 50% Pinot Nero. Vinificazione con il metodo della macerazione a cappello sommerso, che consiste nel lasciare il mosto a contatto con le bucce di pinot nero fino a quando inizia la fermentazione. In questo modo si ottiene un colore delicato e costante. Una parte del vino affina per alcuni mesi in barriques, prima della presa di spuma. Sosta sui lieviti: 36 mesi (3 anni) – disciplinare 24 mesi. Sempre prodotta in quantità molto limitata.
Gran Cuvée Saten Brut, nasce nel 1984, 100% Chardonnay, il 30% del vino affina per 7 mesi in barriques, prima della presa di spuma. Sosta sui lieviti: 36 mesi (3 anni) – disciplinare 24 mes.
Riserva Vittorio Moretti, nasce nel 1984 da selezioni delle migliori uve, che provengono dai migliori cru della Franciacorta: Erbusco, Nigoline, Torbiato, Colombaro. Cuvée composta in (circa) egual misura da Chardonnay e Pinot Nero. Vinificato in parte in acciaio e in parte in barriques. Sosta sui lieviti: minimo 72 mesi, ovvero minimo 6 anni. Ad oggi ne sono state prodotte solo 7: 1984, 1988, 1991, 1995, 2001, 2002, 2004. Viene deciso di produrre questa riserva quando le condizioni climatiche permettono una vendemmia con uno straordinario potenziale evolutivo.
1988: inizio della vendemmia: 5 settembre 1988. Viene presa la decisione di posticipare la raccolta di una decina di giorni al fine di ottenere una leggermente maggior concentrazione per avere poi nel vino maggior espressione di aromi e di gusto. 6’000 bottiglie prodotte. sboccatura 2008 (19 anni sui lieviti). Iniziamo questa bella degustazione partendo proprio dall’annata 1988, che, acquistata un paio di mesi fa, mi accorgo che riporta come data di sboccatura il 2008. Penso (tra me e me) ‘bella questa idea di sboccatura recente per una riserva Moretti’, un RD franciacortino! Nel bicchiere il vino si presenta di un bel giallo dorato intenso, intensità che ritroveremo poi anche nel 1995 e nel 2002. Portiamo il bicchiere al naso e subito siamo colpiti da alcune note affumicate come di gomme bruciate, all’inizio non proprio piacevoli. Il carattere fumè e tostato rimane un po’ per tutta la durata della degustazione. All’inizio il vino parte con sentori di riduzione e di fungo, ma poi si apre alla dolcezza del miele fino a presentare caratteristiche vicino al brandy. Ne beviamo un sorso. Stupefacente è questa bella bollicina ancora viva e fresca. (sono passati 25 anni dalla vendemmia). Il gusto è molto complesso, cremoso, persistente, con note che ricordano la noce moscata, la confettura, il torrone, il caffè. La complessità olfattiva e gustativa continua a modificarsi, ad aprirsi, a migliorare, a cambiare. Una struttura di profumi che diventano sempre più intensi. Si è partiti da note odorose piû dure e difficili e arriviamo a sentori di maggior dolcezza, maggior aromaticità, maggior complessità, sempre mantenendo il tema del fungo e del vegetale. Che sorpresa!
1991: inizio della vendemmia: 3 settembre 1991. Anche per questa annata viene presa la decisione di posticipare la raccolta di una decina di giorni al fine di ottenere una maggior concentrazione e quindi una maggior espressione di aromi e di gusto nel vino. 7’000 bottiglie prodotte. sboccatura 1998 (6 anni sui lieviti).
Quest’annata 1991 parte con una diversa impostazione rispetto alla 1988. Abbiamo ancora un vino che vive da 21 anni, ma ha riposato sui lieviti ‘solo’ per 6 anni e tutto il resto del tempo (14 anni) dopo la sboccatura. Con questi presupposti ci attendiamo quasi un vino più maturo e più evoluto rispetto alla bottiglia precedente … e invece: invece già nel bicchiere notiamo un colore più chiaro e più brillante rispetto al 1988. Al naso il vino presenta belle note floreali e di miele, da subito. Non c’è nessun segno di riduzione. I sentori poi si articolano con la torta di mele, un po’ di salvia, un po’ di menta. Nel tempo esce un carattere più balsamico. In bocca notevole è la freschezza. Molta cremosità e morbidezza. Bollicina gioiosa! Un vino che va tutto nella direzione della finezza e dell’eleganza. C’è meno potenza rispetto a tutte le altre annate. Una sorpresa ancora più straordinaria, da sorseggiare fino a quando non si raggiunge quel particolare equilibrio (ovvero scioglievolezza) tra la sensazione di secchezza del vino extra brut con la sensazione pseudodolce data dal pochissimo zucchero della liqueur, circa 3 grammi litri. Una fusione armoniosa, sensazione di scioglievolezza appunto, che andrei ad abbinare, azzardo ma non troppo, con un fois gras d’oca intero.
1995: inizio della vendemmia: 8 settembre 1995, quella del 1995 è stata considerata una vendemmia storica, ovvero diversa dalle altre. Un andamento oscillante delle temperature nei mesi di maggio e giugno. Piovosità forte ad agosto (un’annataccia x le vacanze), forte umidità per tutto agosto e settembre. La vendemmia viene posticipata di almeno 2 settimane. Poi dal 20 settembre un calo di temperatura notturno fino ai 7°C che ha favorito la formazione di Botritis Cinerea. Un fenomeno rarissimo in Franciacorta, che porta a una concentrazione degli zuccheri e alla riduzione dell’acidità. Mattia Vezzola ha voluto interpretare e fotografare col vino questa condizione diversa e particolare. 7’000 bottiglie prodotte. Sboccatura 2001 (5 anni sui lieviti).
La bottiglia del 1995 è una di quelle bottiglie che avevo già assaggiato 4 o 5 anni fa. Del gruppo non ero la sola. L’avevano già assaggiata almeno 5 di noi! Il carattere fortemente ossidativo ce lo ricordavamo già da quel tempo! Infatti al naso marca molto la nota di tostatura e ossidativa. È molto chiuso all’inizio e sentiamo il fungo bianco uscire prepotentemente. Pian piano arrivano anche le note dolci, più piacevoli. In bocca è soprattutto caldo. Un vino! prevalgono le note un po’ ossidative e un po’ vegetali. Al palato la sensazione di dolcezza è notevole. Molto persistente, lungo finale dolce e vegetale, miele e funghi! Anche questa bottiglia, da quando l’abbiamo aperta, ha continuato a cambiare nel bicchiere, migliorando moltissimo. Alla fine della serata, anche i più scettici di noi, si son ricreduti e hanno apprezzato molto. Di sicuro è stata l’annata più difficile da capire, in parte perchè si è capito dopo parecchio tempo che il vino era nel bicchiere e in parte perchè le note ossidative hanno fatto fatica a lasciar spazio a ‘tutto il resto’! Una bottiglia, questa, a cui dedicarsi. Non si può aprirla, berla e poi dimenticarla … mmm! Va spiegata, interpretata, sorseggiata lentamente.
2001: inizio della vendemmia: 20 agosto 2001. Annata caratterizzata da temperature equilibrate fin alla fioritura e alla formazione dei grappoli. Le precipitazioni sono state ben distribuite durante la primavera e l’inizio dell’estate, che hanno contribuito alla buona formazione di grappoli ben sviluppati. Estate lunga con diminuzione delle piogge e aumento temperature che ha consentito la giusta maturazione dell’uva e un perfetto equilibrio tra zuccheri e acidità. Chardonnay 59%, pinot nero 41%. 15’000 bottiglie prodotte. Sboccatura 2007 (5 anni sui lieviti).
Il 2001 (ve lo dico subito) è la bottiglia perfetta! Un colore giallo dorato chiaro, fratello gemello del 1991. Al naso eleganti sentori di lieviti (che finora ne avevamo sentiti pochi!) e poi molto floreale, una leggera nota di vaniglia, agrumi, in particolare si sente il mandarino. Molta eleganza e finezza al naso. Richiama molto il 1991. In bocca la bollicina è finissima, appena accennata. È caldo, è cremoso, si ha una sensazione di dolcezza. Molta freschezza. Grande equilibrio, grande armonia. Scioglievolezza. È la bottiglia che a mio parere più rappresenta quello stile di carattere, di sensibilità, di eleganza che sono un po’ i concetti base su cui si fonda l’azienda Bellavista. Un vino che ho provato più volte, questo 2001, e che conferma ogni volta questo carattere. Una riserva di Franciacorta da bere e bere ancora, da abbinare a molti cibi diversi. Primi piatti di pesce, crostacei, ma anche carni bianche e arrosti, fino al tradizionale osso buco alla milanese. Questa sera Rosario (dell’Osteria Borgonuovo) ce l’ha proposta con dei ravioli ripieni con gamberi e serviti in un brodetto di pesce che prepara lui come lo faceva la sua mamma, una tradizione di famiglia, con tutto il pesce ‘povero’ pescato. Abbiamo apprezzato, tutti, qualcuno anche due volte!
2002: inizio vendemmia: 21 agosto 2002, annata caratterizzata da una prolungata piovosità nei mesi primaverili con temperature medie basse, i grappoli sono risultati di peso medio inferiore alla norma, i mesi estivi si sono presentati con temperature mattutine intorno ai 12°C, le uve sono state raccolte alla giusta maturazione con una buona concentrazione zuccherina ma soprattutto con un eccellente gradi di acidità. 14’000 bottiglie prodotte. Sboccatura 2010 (7 anni sui lieviti)
Nel bicchiere il vino si presenta di un colore giallo dorato intenso. Al naso escono note floreali, di tostature e sentori di agrumi. In bocca c’è molta freschezza. Sembra un po’ più corto, in persistenza, rispetto al 2001. È più simile al 1988 con note che tendono più all’evoluzione. È più minerale e sapido rispetto alle altre annate, anche se poi la mineralità si dissolve in bocca. Ha più struttura. Il 2002 è l’annata più giovane di questa sera, con la sboccatura più vicino a noi, appena 2 anni! e paradossalmente abbiamo l’impressione di una leggera disarmonia: da un lato abbiamo questa tendenza all’evoluzione e dall’altro ci sembra quasi non pronto, ancora troppo giovane. Ovviamente si parla proprio di piccole sfumature.
In conclusione possiamo dire che le annate 1991 e 2001 sono straordinariamente indirizzate verso la finezza, l’eleganza, la freschezza, l’armonia. Mentre il 1988, il 1995 e il 2002 hanno più struttura, più corposità, più evoluzione. Tutte le annate sorprendono per complessità e sinceramente siamo davvero sorpresi di questa longevità. L’idea di un RD per la riserva Moretti è piaciuta un po’ a tutti. Un po’ meno il prezzo!
E poi, si, l’abbiamo fatto! Abbiamo stappato, due riserve di Champagne in formato magnum e ci siamo avventurati in un confronto tra Champagne e Franciacorta. Ci perdoni Bellavista, ci perdoni Mattia Vezzola, che poi abbiamo scoperto aver presentato una verticale simile a Torino, proprio la stessa sera, con alcune annate mancanti, però. Nel nostro piccolo gruppo era presente un produttore di Ambonnay. Una piccola cantina, recoltant manipolant, che produce 15’000 bottiglie all’anno, tutto Grand Cru, Pinot Noir in prevalenza. Si chiama Secondè-Simon. Con noi era presente il figlio Nicolas, enologo, che ci ha portato una riserva 1971 e una riserva 1998 entrambe in formato magnum. Due riserve importanti per la famiglia Secondè. Ci raccontava che ogni volta che nasce un figlio, alla Maison, si fanno delle riserve speciali. Per cui ci ha portato il 1971 che è la riserva che ha fatto suo padre per Nicolas e il 1998 che è la riserva che ha fatto Nicolas per sua figlia Evangeline. Per dirla tutta abbiamo fatto di più che stappare: l’abbiamo ‘degorgiato’ al momento.
1971: dopo 40 anni di sosta sui lieviti questo champagne mostra un carattere molto maturo sia nel colore sia nei profumi. Un bouquet evoluto e ricco, classico di lieviti, crosta di pane, nocciole tostate, agrumi canditi e sfumature minerali. Da bere è ancora più sorprendente. Freschezza e struttura, anche se la bollicina è al limite, appena accennata. Il carattere di maturità sovrasta, ma la beva è comunque ancora molto piacevole. Tanto che non ne lasciamo neanche una goccia all’interno della bottiglia. Per tutti noi un’esperienza che non si può dimenticare.
1998: ancora, con gentilezza e maestria, Nicolas procede ad un nuovo degorgement in diretta, e noi tutti intorno, curiosi, attenti, macchine fotografiche, flash … come fuochi d’artificio, magia, emozione. Nel bicchiere note di agrumi, di pesca bianca, di fiori, miele, zenzero, lieviti. Una struttura importante e soprattutto una componente di acidità incredibile. Il carattere minerale è notevole e soprattutto persistente. Uno Champagne ancora giovane che ci lascia tutti senza parole.
La prima importante differenza tra queste due bottiglie è l’annata: un 1971, la peggior annata in Champagne degli ultimi 50 anni e un 1998, tra le migliori annate degli ultimi 50 anni. La seconda importante differenza è proprio nel modo di fare lo Champagne: il 1971 è stato fatto da suo padre, così come si faceva il vino nel tempo: si separavano le uve delle vigne migliori, ma si vinificava tutto il mosto ottenuto da un’unica lenta spremitura, manuale. Il 1998 è il vino fatto da Nicolas con scelte ancora più selezionate. In particolare con le nuove presse meccaniche ha potuto suddividere la pressatura in molteplici cicli, e soprattutto ha regolato il tempo di questi cicli, più brevi o più lunghi. Per la sua riserva, Nicolas ho usato solo il mosto ottenuto dal primo breve ciclo di spremitura, ovvero il fiore del mosto fiore! Ha ottenuto così la massima espressione della sua vigna di Pinot Noir in Ambonnay.
E alla fine di tutto mi chiedo, (ci chiediamo), davvero cosa hanno in comune e quale siano, invece, le differenze tra questo Champagne e questo Franciacorta:
- 2 aziende: una tra le più grandi in Franciacorta (più di un milione di bottiglie prodotte all’anno) e l’altra tra le più piccole in Champagne (15 mila bottiglie prodotte all’anno).
- lo stesso metodo di produzione per ottenere ‘la bollicina’, cioè quello della rifermentazione in bottiglia.
- 2 stili diversi: da una parte c’è la ricerca della massima espressione del Pinot Noir Grand Cru e dall’altra la ricerca di un’armonia tra tutti i ‘crus’ della Franciacorta dove Bellavista ha le sue vigne.
- lo stesso presupposto, quello della ricerca della longevità.
- 2 caratteri diversi: (riserva Champagne) struttura, acidità, fortezza, mascolinità – contro (riserva Moretti) morbidezza, complessità, varietà, femminilità. Quando la ‘liqueur’ si fonde col vino, dopo anni e anni di affinamento, ecco che abbiamo uno stupendo equilibrio tra un vino secco, extra brut, e la sensazione pseudodolce data dal pochissimo zucchero della liqueur, 3 grammi per litro. Quando questa sensazione è gradevole, quando questa sensazione di scioglievolezza è armoniosa, ecco, credo si possa dire che il prodotto sia eccezionale.
- 2 strutture diverse. Lo Champagne stravince in freschezza e acidità viva anche dopo 40 anni, il Franciacorta ci sorprende per complessità, e poi morbidezza, e poi pienezza di gusto, e poi setosità. Dagli anni ‘90 agli anni dopo il 2000 la riserva Moretti sembra cambiare, non solo per numero di bottiglie prodotte, ma anche nella ricerca di una freschezza più marcata.
- 2 territori e 2 climi differenti. Un piccolo villagio situato sulla Montaigne de Reims, sottosuolo calcareo, alle prese con un clima freddo e continentale, dove l’uva fa fatica a maturare e arriva ad una concentrazione di zuccheri che permette la vinificazione di un vino con al massimo 10.5%/11% di alcol, e dove la spumantizzazione è l’unica strada direi forzata da percorrere per valorizzare il territorio. E un territorio di origine morenica con un clima più mediterraneo, dove bisogna saper cogliere l’uva in quel preciso momento in cui si riesce ad avere una maturazione tale da preservare una certa acidità senza andare oltre la concentrazione di zuccheri che porterebbe ad un vino troppo alto in contenuto alcolico, dove la spumantizzazione è stata una scelta per differenziare e caratterizzare la produzione di vini di quel territorio.
- 2 storie e 2 tradizioni differenti: una maison familiare in Champagne con una tradizione vitivinicola che continua da 4 generazioni, tramandando di genitore in figlio le proprietà, le conoscenze, l’amore per la terra e la passione della viticoltura, in puro stile romantico francese, da contadino a vigneron – verso un’azienda che nasce una trentina di anni fa come realizzazione di un sogno da parte di un imprenditore, grazie ad un notevole investimento economico, e grazie all’arrivo in azienda di un consulente enologo, Mattia Vezzola, che sceglie di restare in questa azienda e costruire qui la sua vita professionale, (invece che fare il consulente di molte più aziende). Mattia Vezzola ha dato un carattere all’azienda Bellavista, col suo lavoro e con il suo stile, e l’azienda è cresciuta con questa impostazione valorizzando le persone che ci lavorano.
In conclusione un vino ci piace perchè non è solo un alimento da bere … un grande vino è soprattutto questo: è la sua storia, la sua terra, sono le persone che lo hanno fatto, in vigna e in cantina.
Vittoria Fagetti
con la partecipazione di
Renato Cordaro (enoteca Vinarte – Lugano)
Oriana Crespi (enoteca Vinarte – Lugano)
Nicoletta Cavagna (enoteca Vinarte – Agno)
Doriana Basso
Anna Valli
Nadia Romano Prandi
Ismaele Sanavio
Rodolfo Roncoroni
Andreina Fagetti
Rosario di Battista (Osteria Borgonuovo – Faloppio – Como)
Nicolas Secondè (Champagne Secondè-Simon – Ambonnay)
5 Novembre 2012